Titanio – Stefano Bonazzi

Classificazione: 4.5 su 5.

In quel momento, mentre lacrime e sangue sciolgono il suo volto da clown disperato, l’uomo prende consapevolezza di un semplice e banale dato di fatto.
Non c’è mai fine al dolore.

Cos’è il titanio? Il titanio è un metallo tanto leggero quanto resistente; è, praticamente, molto simile alle ossa. Proprio per questo motivo, viene impiegato in medicina per la costruzione di protesi che vanno a diretto contatto con le ossa da ricostruire, perché – come si dice in gergo – il titanio è un materiale biocompatibile. Anche Francesco o Fran, come lo chiamano i suoi genitori, assomiglia a questo metallo: nonostante la sua apparente fragilità, è invece in grado di incassare un colpo dietro l’altro, resistendo a tutto e a tutti.
Stefano Bonazzi ha scritto questo libro qui ed è stato pubblicato da Polidoro Editore nel 2022, e oggi proverò a raccontarvelo. “Titanio” mi è stato regalato dall’autore del romanzo, che ringrazio di cuore per tutto.

QUARTA DI COPERTINA. Un uomo si sveglia paralizzato nel letto di una stanza che non riconosce: ha il corpo ricoperto di ustioni. Ogni giorno una donna dai tratti inquietanti entra nella stanza per medicarlo e nutrirlo. Intanto Fran, tredicenne brillante e intuitivo, viene interrogato per un crimine di cui si è reso protagonista. Entriamo così nella Ciambella, un quartiere residenziale in degrado occupato abusivamente da immigrati, tossici e gente ridotta al lastrico. Qui Fran viveva con la sua ambigua famiglia, coltivando e vendendo erba. L’unica persona con la quale sembra condividere una forma di normalità è Stella, una coetanea grazie alla quale ha intravisto la possibilità di un altro modo di vivere, al di fuori di quel contesto marcescente. Alla ricerca del legame tra questi personaggi e le loro sorti, Titanio conduce il lettore nelle viscere delle pulsioni e dei sogni dell’adolescenza, in una mappa metaforica dove il contesto urbano cela la più gretta animalità e la natura si rivela sotto forma di un misticismo inquietante.

IL LUOGO. Gli esseri umani, si sa, sono da sempre influenzati dal luogo in cui si ritrovano a vivere. Spinti dall’istinto di sopravvivenza, siamo in grado di plasmare e plasmarci in funzione dell’ambiente che ci circonda. Si crea, quindi, una relazione fortemente biunivoca in cui il luogo influenza le azioni di chi vive in esso, ma dall’altro i suoi abitanti influenzano in qualche modo l’ambiente in cui si ritrovano a vivere.
In un luogo come la Ciambella – un luogo dimenticato dallo Stato e da Dio in cui non esiste né legge scritta né legge morale – si potrebbe pensare che la relazione biunivoca sopra descritta venga clamorosamente meno: in un luogo in cui tutto è abietto, compromesso, sporco e inquinato, è naturale che anche le persone che ci vivono siano altrettanto spregevoli. Tuttavia, potrebbe essere vero anche il contrario: l’abiezione umana plasma la Ciambella, esacerbando le criticità di un territorio che è lasciato alla mercé di chi decide di viverci. La Ciambella si trasforma in una vera e propria entità: abita le persone, è come un materiale appiccicoso in grado di aderire sulla pelle dei suoi abitanti e non lasciarli mai. Vivere nella Ciambella significa sprofondare lentamente nelle sabbie mobili, fino a quando non sarai completamente sepolto dalle sue brutture. Tuttavia, così come l’animo delle persone che vivono nella Ciambella non è completamente invalidato, così nella Ciambella esistono angoli di bellezza. La Ciambella è, inoltre, vicinissima al mare: un mare tanto vicino quanto irraggiungibile, simbolo della possibilità di fuga e della totale libertà. C’è, infatti, a pochi metri dalla Ciambella una spiaggia in cui abitano misteriosi spiriti, pronti a proteggere coloro che avranno il coraggio di guardare oltre le mura della Ciambella. Anche nella Ciambella c’è spazio per la meraviglia. C’è spazio per le amicizia con Stella, coetanea del protagonista costretta a spacciare per poter sopravvivere. Con Stella, Fran riesce a intravedere una speranza, seppur flebile, di poter vivere una vita diversa, forse lontana dalla Ciambella.

LA FAMIGLIA. Per anni la famiglia è stata considerata un’istituzione intoccabile, quasi sacra considerando la sua funzione; un vero e proprio rifugio, un luogo al quale tornare nei momenti difficili. Sono però consapevole del fatto che questa credenza è, difatti, estremamente romantica ed idealizzata. La narrativa (soprattutto quella contemporanea) ha il compito di raccontare ciò che è oscuro e ciò che viene normalmente nascosto. Le storie nere sono strettamente necessarie per riflettere circa i limiti e le brutture presenti in ciò che spesso viene visto come indiscutibile.
In “Titanio” la famiglia è ben lungi da essere rassicurante; non è più il “luogo” dove l’amore e il rispetto abitano, ma ospita anzi l’opportunismo, l’egoismo, la depravazione e la violenza, tutto il marcio che viene spesso identificato al di fuori della campana di vetro che siamo abituati ad associare alla famiglia. Fran viene costretto dalla sua famiglia a vivere rinchiuso per giorni in una cantina, tramutato in un mero mezzo per il raggiungimento di uno scopo che viene visto dai suoi genitori come più alto e che giustifica qualsiasi tipo di azione immorale portata avanti in quel luogo buio e angusto. Quando Fran è nella cantina, l’unica via di fuga possibile è rappresentata da una piccola finestrella, una piccola luce nel mare di buio in cui è sommerso.

LA MIA OPINIONE. Immaginate di ritrovarvi in uno spazio angusto, sporco e buio – per esempio una cantina. Immaginate di essere lì perché la vostra famiglia ha deciso che dovete essere lì, perché quella stessa famiglia che dovrebbe proteggervi vi chiede un aiuto che non siete in grado di dare. Immaginate di essere un ragazzino. Cosa fareste? Forse cerchereste di evadere. Magari fisicamente o ancora prima mentalmente, mescolando elementi reali con elementi d’invenzione. Quanto si può fuggire, però, quando l’unico mondo con cui siete entrati in contatto è un luogo che non è riconosciuto, un luogo che difatti non esiste per lo Stato? Un luogo non-luogo, con le leggi non scritte, ma non per questo meno frangibili. Un luogo in cui, per sopravvivere, bisogna necessariamente diventare parte di quel sistema marcio dal quale si cerca di fuggire. Ma è davvero fuggire dal marcio se è a questo che ci si è abituati?
Ecco, “Titanio” è un po’ tutto questo. Ma è anche molto altro: è un noir, un romanzo psicologico, un libro in grado di catturarvi in un vortice nero, viscoso, capace di affogarvi e di occupare le vie respiratorie. È un libro duro, che parla di degrado, violenza e abusi, non tanto di riscatto quanto di vendetta.
Una spiaggia, però, può essere simbolo di speranza.

Con uno stile chirurgico in cui nessuna parola è di troppo e con una storia che si nutre dei numerosissimi dialoghi che la compongono, mi ha completamente catturato. È uno di quei libri in cui la suspense e il bisogno di capire come tanta abiezione sia possibile, rendendo questo romanzo magnetico. Però io ve lo dico: non è adatto ai deboli di cuore.
Se siete appassionat* al genere, non posso che consigliarvi questo libro.

Se vi ho incuriosit*, potete comprare il libro direttamente dal sito di Polidoro Editore al seguente link.

Al prossimo squittio tra le pagine!

Pubblicato da Squittii tra le pagine

Tra uno squittio ed un altro, vi parlerò dei libri che più mi hanno colpito, di quali pagine ho sgranocchiato e di quelle che ho lasciato perdere.

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